Approccio terapeutico

metodo riza psicosomatica fulvio dostuni

Partiamo dalle domande
che ci poniamo

Le domande eterne, quelle che risuonano dentro di noi da quando esiste il mondo, come una goccia d’acqua che scava la pietra, come il movimento del mare.
Interrogativi che spesso si presentano negli studi di psicoterapia escono da bocche di ogni tipo, di persone differenti, con una storia diversa, ognuno con il suo bagaglio di vita, eppure ci accomunano così tanto.
Persone di sesso diverso, di culture differenti, di epoche dissimili e contesto vario con una vita alle spalle costellata di storie irripetibili ma che si rappresentano con atteggiamenti comuni e con le stesse domande.
Le domande eterne non hanno età anche se sono cresciute e cambiate con noi, con l’epoca industriale e con l’avvento della velocità e quindi della percezione di non andare al giusto ritmo sono divenute più incisive.

 

Il senso
di inadeguatezza

Lo stress, il minor tempo dedicato a noi stessi, la minore disponibilità all’ascolto hanno portato tante persone a soffrire sempre di più.
Il senso di inadeguatezza fa parte dell’essere umano da quando esso si è cognitivamente sviluppato.
Da quando il super-io giudicante ha iniziato ad accompagnarci nel nostro cammino ci siamo trovati un giudice parziale, tendenzialmente critico che ci invia condanne e pene sotto forma di pensieri.
Spesso questi pensieri li abbiamo cominciati ad associare ad opinioni di persone esterne a noi sentendoci quindi giudicati non solo da noi stessi ma anche da giurie esterne anche molto numerose.
Se abbiamo delle paure, delle fragilità e ci sembra di essere circondati da giudizi sia interni che esterni rischiamo di sentirci assediati senza vie d’uscita.

Il mondo corre e urla, il suo volume può essere così alto da non permettere di sentire le voci al di fuori di noi, quelle dei nostri figli, delle nostre mogli o mariti o genitori o amici. E ancor di più soffoca il bisbiglio che proviene dalle parti più antiche di noi, la nostra vera guida.

Il metodo Riza

Questo metodo terapeutico mira a riavvicinare la mente superficiale alle energie profonde ed arcaiche della nostra anima attraverso le immagini, il silenzio e il talento che ognuno ha.

Il metodo sviluppato nella scuola Riza ci insegna ad accogliere noi stessi incontrando la nostra unicità, ci permette di riconoscere le parti di noi che ci spaventano e che non ci piacciono (le zone d’ombra) e ci insegna ad ascoltare la nostra anima o il nostro Daimon che, come diceva Hilmann, ci porterà nella direzione per cui siamo nati.

Quando le nostre energie profonde non vengono ascoltate si genera un disagio che può diventare un sintomo come l’ansia, la paura fino a ogni tipo di sintomo psicosomatico. Il ricostruire una comunicazione dentro di noi cura e spesso risolve questi sintomi.

Uno sguardo sul presente

La psicoterapia così come la concepisce Riza è dunque disinteressata alla storia, alle cause, alle ragioni, ai progetti dell’lo; non è il luogo dell’indagine dei traumi passati, ma è uno sguardo sul presente, sulle capacità del paziente che spesso sono bloccate dall’alibi del trauma; e considera i disagi come l’allontanamento dall’Immagine Innata, come “voci” che chiamano il paziente a ricercare la propria unicità, a volte perduta nelle identificazioni collettive. Si tratta di una psicoterapia basata sul mondo delle Immagini che sono i “mattoni dell’inconscio” secondo Jung e la “casa degli archetipi” secondo Hillman, ma soprattutto sono il momento della psiche più vicino all’Immagine Innata.

Il ruolo del medico psicoterapeuta

Il ruolo fondamentale del medico terapeuta avviene attraverso 3 importanti passaggi. La visualizzazione in cui inizia il dialogo con il paziente, la trasformazione ed il lavoro sulle immagini.

1. VISUALIZZAZIONE

La figura dello psicoterapeuta si concentra sul mondo immaginativo. Il paziente che socchiude gli occhi e immagina le cose che secondo lui disturbano la sua esistenza. Si impara a visualizzare le scene disagevoli, lasciandole depositare nel buio e percependone via via la presenza senza contrastarle.

2. TRASFORMAZIONE

Il lavoro prosegue poi nel trasformare le scene sgradevoli in immagini archetipiche. Così il partner che viene vissuto come minaccioso, o un padre aggressivo, si trasformano in un drago, in un orco, in una scena fuori dal tempo.

3. LAVORO SULLE IMMAGINI
Le immagini rappresentano l’unico territorio della psiche che è in grado di dettare trasformazioni, cambiamenti e metamorfosi, rimanendo sempre in sintonia con la propria Immagine Innata. Immagine Guida, Immagine Originaria sono sovrapponibili e riconducibili ad un principio creativo, depositato nell’inconscio, che realizza l’unicità di ogni individuo. Si veda in questo senso la stretta analogia con il Sé di Jung. Come il seme contiene il destino della pianta prima ancora di radicarsi nella terra, ognuno di noi possiede un’Immagine Innata, Originaria, che contiene tutto ciò che siamo, la struttura della nostra personalità e la nostra unicità prima ancora di radicarci nella vita. Così come abbiamo un volto unico, ci sono immagini, stati di coscienza, percorsi, incontri che riguardano in modo esclusivo ciascuno di noi, e che realizzano l'unicità che ci caratterizza. Adottare il paradigma dell’Immagine Innata consente di dare un senso diverso alla vita, utilizzare una visione d’insieme, e valutare il significato dei nostri disagi, in base alle caratteristiche di ciascuna personalità.

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