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Conformità sociale: i parametri ed il giudizio

L’altro giorno sono andato all’università per sostenere un esame della mia nuova esperienza in lettere antiche, era il primo esame e mi sono trovato cinquantenne in mezzo a cinquanta ragazzi ventenni con la loro freschezza e la loro preoccupazione per un esame ritenuto per loro grande e stressante.

Questa esperienza mi ha indotto due riflessioni che vorrei condividere.

La prima è riferita al tempo e a come esso si modifica e modifica ciò che tocca. Leggendo Carlo Rovelli ho scoperto come il tempo sia estremamente “influenzabile” da numerosi parametri, ma lui stesso fa con noi quello che la pressione fa con lui ad esempio.

Quei ragazzi erano angosciati per un esame di lettere, mentre io ripensavo a come alla loro età ero stressato dagli esami di medicina che mi sembravano insormontabili e oggi dopo tutti gli esami affrontati nella mia vita, le prove difficili, i dolori, le sconfitte, le cadute, le risalite, le gioie… Insomma quell’esame mi sembrava una piccola curva su una strada di pianura, in una giornata di sole in primavera alla guida di una macchina nuova e affidabile. Sorridevo pensando a come la vita ci ponga di fronte a prove che con l’andare avanti della vita ci sembrano sempre più irrilevanti mentre se ne aggiungono di nuove e grandi. A cinquant’anni si spera magari proprio che non succeda nulla, che la serenità domini, si spera che la salute ci riservi ancora una lunga fetta di vita.

L’esperienza e il tempo fanno dell’uomo un armadio pieno di vestiti di ogni tipo e per ogni occasione.

Accumulare vita non è solo invecchiare, è sapersi vestire quasi sempre nel modo giusto, se noi conserviamo e non buttiamo. Nella vita bisogna aggiungere e non togliere e le parti di noi che sembrano superate e inutili, non lo sono mai e ci possono essere momenti nella vita che quella parte potrebbe tornarci estremamente utile. Conserviamo!

Il giudizio

L’altro tema è il giudizio. Infatti quel giorno ho incrociato alcuni sguardi di colleghi matricole che mi guardavano, probabilmente si chiedevano chi fossi, la loro poteva essere curiosità ma anche giudizio.
Io non potevo saperlo, ma avrei potuto immaginarlo e forse subirlo.
Molte volte l’essere umano fa un gioco al massacro verso se stesso. Immagina i giudizi negativi degli altri piantati negli sguardi degli altri verso di se. In qualche modo anche io l’ho fatto, anche se in maniera limitata. Anche io ho chiesto a me stesso che senso avesse a cinquant’anni iscrivermi all’università e mettermi a studiare e di nuovo in gioco. Attorno a me alcune persone mi hanno guardato con diffidenza o derisione…”ma perché lo fai? Che senso ha?” Domande a cui non ho saputo dare una risposta credibile oltre quella utilizzata con tutti:”perché no?”
Ma in quel pomeriggio, mentre aspettavo di iniziare l’esame forse anche io mi sentivo un po’ fuori contesto e anche io mettevo in dubbio la mia scelta e la mia mente ha traslato il giudizio di me stesso in giudizio degli altri per renderlo più credibile.
La nostra mente fa questo: vuole caricarci di un peso legato al giudizio ma lo trasla sugli altri individui per renderlo credibile. Spesso nella vita ci è capitato di avere un’idea su una scelta da intraprendere ma cercare qualcuno fuori di noi che ci dicesse la stessa cosa per poter di conseguenza comportarci. Come se avessi bisogno di chi confutasse la nostra teoria, perché in fondo in fondo non ci fidiamo delle nostre intuizioni e delle nostre sensazioni e quindi ricerchiamo conferma, come uno scienziato che esegue un esperimento per dimostrare la sua teoria già scritta sulla lavagna del suo studio.
Questo meccanismo però può ritorcersi contro di noi, perché se non incontriamo persone che confutino la nostra intuizione rischiamo che la nostra intuizione si spenga come una scintilla che non è riuscita a divenire fiamma.

Ascoltare la nostra anima

Ascoltare la nostra anima a volte vuol anche dire ascoltare una sola voce e fidarsi ad occhi chiusi.

Sentirsi diverso non vuol dire essere sbagliati e traslare un giudizio di un nostro lato interno, magari poco tollerante e spaventato, non ci porta nella giusta direzione.

Essere diverso vuol dire essere unico, lottare per uniformarsi a tutti, vestirci uguali e parlare nella medesima maniera vuol dure cancellare i nei dalla nostra faccia e rendere il nostro viso anonimo e senza la firma che ci appartiene.

Il giudizio degli altri o nostro rappresenta un moto di paura. L’uomo teme il diverso e se può lo allontana a meno che non creda di poterlo dominare e sfruttare per qualche motivazione.

Rendiamo giustizia ai nostri movimenti interni anche se ci portano a fare qualcosa di stravagante, molte volte l’anima per farci arrivare alla nostra meta ci fa percorrere sentieri tortuosi e che sembrano andare in una direzione ostinata e contraria, ma solo lei, l’anima, sa cosa ci riserva quel sentiero e cosa incontreremo su quel terreno, quella strada poco battuta condita di natura e libertà.

Dott. Fulvio d'Ostuni

Mi chiamo Fulvio d’Ostuni e sono un medico psicoterapeuta. Ho un passato da chirurgo, perché ero fermamente convinto che un chirurgo potesse salvare più vite di un clinico. Poi un incidente in moto cambiò la mia vita. Grazie alla scuola di psicoterapia di Riza Psicosomatica ho unito la mia storia medica alla psicoterapia e mi sono evoluto come medico psicoterapeuta . Oggi mi sento pronto ancora di più a dare il mio contributo agli altri.