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Il nuovo inizio

Il nuovo anno da sempre rappresenta il primo momento di discontinuità del nostro percorso. Tendiamo a lasciarci dietro il passato con l’augurio di trovare qualcosa di nuovo e bello, sognano di essere più felici, di trovare momenti di svolta, di cambiamento buono, sempre in un’ottica di positività.

L’anno appena terminato nella maggior parte dei casi viene interpretato come non positivo o almeno migliorabile e tante volte come negativo e il nuovo rappresenta sempre una “ventata” di ottimismo.

Ma tendiamo spesso a vedere il nostro destino in mano ad eventi provenienti da fuori di noi, in qualche modo manteniamo vivo l’atteggiamento dell’uomo antico che da sempre pregava gli Dei perché non arrivassero sventure, ma anzi arrivassero raccolti più ricchi, clima più mite e magari ricchezza, salute, ecc.

Quello che da sempre rappresenta un normale comportamento della mente umana in qualche modo ci trasmette un concetto sul quale riflettere insieme.

Spesso chiedere a qualcuno di esterno di mandarci fortuna significa anche poter incolpare qualcuno di esterno se la fortuna non ci arriva.

Questo atteggiamento alleggerisce la nostra pressione interiore ma allo stesso tempo ci svuota dalla consapevolezza delle nostre reali potenzialità.

Improvvisamente ci possono capitare cose spiacevoli o belle che sembrano nel bene e nel male cadere dall’alto ma quanto questi eventi sono legati ai nostri comportamenti ed abitudini?

E soprattutto cosa fa la differenza quando ci succede qualcosa se non il nostro modo di viverla?

La consapevolezza di noi stessi

La verità è che dovremmo essere più consapevoli di come o di chi siamo. Dovremmo sapere quanto quello che abbiamo dentro influisca su tutta la nostra esistenza compresi certi eventi che ci possono accadere.

Guardiamoci intorno. Ci sono persone che si ammalano della stessa malattia, ma che hanno percorsi diversi. Ma se la malattia è la stessa, con i medesimi sintomi perché si manifesta in modo così dissimile?

Se vogliamo entrare in un territorio più positivo pensiamo agli eventi positivi.

Stessi eventi positivi possono dare esiti completamente diversi. Una nascita di un figlio dopo la prima gioia può dare una costante felicità o dei periodi oscuri come la depressione post-partum, può essere ricordato come un momento felice o viceversa terribile perché per tre mesi non si è mai dormito.

Un nuovo lavoro meglio retribuito e più stimolante può essere visto come un sogno che si realizza o una responsabilità schiacciante per la paura di fallire.

In altre parole la vita ci manda segnali, occasioni, eventi, gioie, prove tremende da superare, ma la differenza la fa solamente il nostro modo di vivere ogni singolo evento.

consapevolezza

Entriamo nei nostri percorsi interiori

Il rapporto con quello che ci capita è spesso una rappresentazione del rapporto che abbiamo con noi stessi.

Se siamo critici, se ci tolleriamo poco, se non sappiamo accoglierci e perdonarci, se cerchiamo con una lanterna i nostri errori allora questo sarà anche l’atteggiamento che porteremo fuori di noi, verso gli eventi della nostra vita.

Immaginiamo uno scenario: siamo dei figli adolescenti di un genitore che non ci fa uscire di casa. Qualsiasi cosa facciamo ci urla,  ci critica, lui avrebbe fatto meglio di noi. Ci ricorda tutti i nostri errori e fallimenti. Lui era migliore, ai suoi tempi si viveva meglio, si era migliori. Quelle non sono le amicizie giuste, quella non è la donna giusta o l’uomo giusto, queste sono abitudini sbagliate. Arrivare secondo è una cocente sconfitta, secondo e ultimo è uguale. Non siamo belli, non siamo interessanti, non troveremo mai l’amore, quello vero, non faremo mai il lavoro dei nostri sogni. Non ci realizzeremo mai.

Se vivessimo così come staremmo?

Se vedeste una persona vivere così cosa gli o le consigliereste?

Io consiglierei di costruire un piano di evasione, di pianificare un percorso che ci porti a cambiare aria in maniera equilibrata e duratura.

Nei film in cui si racconta di evasioni da carceri di massima sicurezza il concetto fondamentale è un piano solido, che tenga conto dei nostri limiti fisici, che non venga scoperto entro tempi ragionevoli e che ci permetta di non essere più raggiunti. Bisognava contare su pochi o nessun aiuto e pochi essenziali strumenti.

Bisogna conoscere il luogo in cui noi siamo e sapere i punti di forza ma anche quelli di debolezza e poi scegliere il momento giusto per attuare il nostro piano.

Applichiamo ora questa regola al nostro atteggiamento autodistruttivo, a questo giudice interiore spietato.

Conoscere l’ambiente vuol dire conoscere noi stessi, sapere come siamo fatti veramente, quali meccanismi psicologici ci guidano, quali complessi ci influenzano.

Sapere riconoscere la voce del nostro giudice interiore rispetto alla voce della nostra anima.

Poi costruire il piano: sapere cosa ci fa stare bene e cosa no, cosa abbiamo di “tossico” nella nostra vita e cosa abbiamo di positivo e sano. E infine cosa ci serve per uscire da questo trend e divenire liberi.

Quando avremo raggiunto il nostro equilibrio allora gli eventi che ci arriveranno qualunque essi siano li potremo vivere con lo spirito giusto traendo fuori il buono da tutto ciò che ci capiti tra le mani.

A quel punto ogni anno sarà stato importante e ogni nuovo anno sarà sempre una grande e unica opportunità.

Buon nuovo anno!

Dott. Fulvio d'Ostuni

Mi chiamo Fulvio d’Ostuni e sono un medico psicoterapeuta. Ho un passato da chirurgo, perché ero fermamente convinto che un chirurgo potesse salvare più vite di un clinico. Poi un incidente in moto cambiò la mia vita. Grazie alla scuola di psicoterapia di Riza Psicosomatica ho unito la mia storia medica alla psicoterapia e mi sono evoluto come medico psicoterapeuta . Oggi mi sento pronto ancora di più a dare il mio contributo agli altri.