Questa è la definizione di un importante dizionario italiano.
Questa definizione comporta diversi concetti condensati in poche parole, vediamoli insieme.
- Che si sente pienamente soddisfatto nei propri desideri
Abbiamo la soddisfazione per i desideri che ci poniamo. Vuol dire che se ci proponiamo dei desideri raggiungibili rispetto ad altri lontani abbiamo più possibilità di essere felici. Quindi se il mio desiderio è quello di avere un figlio e ne ho due non posso che essere felice. Se il mio desiderio fosse quello di essere un campione di calcio non posso che essere triste. Quindi forse cercare di realizzare dei desideri piccoli e progressivi è più funzionale alla mia felicità che puntare all’impossibile.
Poi abbiamo anche il termine “pienamente”. Cosa ci rende pienamente soddisfatti o solo soddisfatti? Quanto questo avverbio influisce sulla nostra felicità? Chi lo valuta? Vi sono termini oggettivi? Come vedete già da queste prime parole tutto dipende da noi e non dai risultati che otteniamo. Siamo noi a porre gli obbiettivi, siamo noi a valutare se li abbiamo raggiunti, siamo noi a definirci pienamente o parzialmente soddisfatti.
La felicità è nelle nostre mani o almeno sembra così dopo poche righe di riflessione, ma andiamo avanti con la nostra valutazione.
- Che ha lo spirito sereno
Una tranquillità profonda, nello spirito, il concetto dì serenità: non agitato da timori, non sconvolto da passioni, così cita il medesimo dizionario.
Lo spirito è l’essenza profonda, il cui sinonimo potrebbe essere anima, ma anche inconscio.
Cioè qualcosa di profondo, che ci rappresenta nella nostra essenza.
Anche questo concetto ci dice che la felicità dipende da noi, da come siamo fatti, da come siamo regolati nelle parti più profonde e segrete di noi. Quindi parafrasando possiamo vivere una vita tumultuosa e sentirci sereni perché tale è la sensazione che la nostra anima ci invia da dentro oppure possiamo avere una vita meravigliosa e avere la percezione di non essere sereni e quindi felici per quello che la nostra anima ci induce.
Quindi la felicità passa di nuovo da noi, ma da una parte di noi profonda e direi quasi incontrollabile, fuori dalla nostra volontà come è teorizzata l’anima secondo Jung, Hilmann, ma anche Aristotele, Platone e tantissimi altri filosofi della storia.
Sempre rimanendo sulla serenità e rileggendo la definizione abbiamo altri due concetti da rivedere, uno è il non essere agitato da timori. Ossia senza paure o preoccupazioni. Ma quando l’uomo non è soggetto a paure e preoccupazioni? Come si può essere indifferenti alla paura della morte o della malattia nostra o peggio dei nostri cari? Come si può essere indifferenti alla paura di una catastrofe come un terremoto o una guerra o magari una crisi economica? Come si può essere infine indifferenti alla paura che anche se tutto vada bene non possa arrivare una sventura? Queste sono paure da sempre presenti nell’animo umano e se fosse così non esisterebbe la serenità e quindi la felicità, ma di fatto non è così.
Non sconvolto da passioni: quindi un innamoramento incendiario lede la felicità, un tifo calcistico estremo o un amore smisurato per la vela sono controindicati per la serenità?
Quindi?
Secondo me la risposta è nel concetto di anima, di quella spinta interiore “magica” che ci invia sensazioni di benessere nonostante tutto, che ci manda degli influssi positivi se stiamo vivendo la vita che ci appartiene e ci protegge dai pensieri nefasti e dalle paure. La serenità e di conseguenza la felicità passano da lì.
L’equilibrio interiore è più positivo e costruttivo delle passioni incendiarie che possono anche esistere ma per brevi tratti della nostra vita rispetto ad un andamento costante.
- non turbato da dolori o preoccupazioni
In questa parte pongo l’attenzione non sui concetti di dolore e preoccupazione ma sul tema del turbamento. Il non essere turbato da dolore e preoccupazioni non vuol dire non provarle, vuol dire riuscire a non farsi schiacciare da essi. E’ un po’ lo stesso concetto prima espresso sulle paure. La vita da dopo l’avvento di Pandora e il suo vaso non è scevra di sofferenza, ma il grande segreto dell’uomo è la possibilità che lui ha o meglio la sua anima ha di non farsi turbare da piccole o anche grandi eventi negativi.
Se siamo in equilibrio con noi stessi riusciamo a superare grandi onde e più o meno grandi tempeste.
Riusciamo a essere felici anche nel dolore o nella preoccupazione perché riusciamo a vedere delle cose piccole e apparentemente insignificanti che invece sono le basi e il nutrimento della nostra anima.
- Gode di questo stato
Chiudiamo questa riflessione col grande tema della consapevolezza e conoscenza di se.
Se non abbiamo un rapporto chiaro con la vita fuori di noi e i movimenti interiori non possiamo vivere la felicità. La consapevolezza passa dal sapere come siamo fatti e cosa ci compone. Se non sappiamo di avere un inconscio guida, un’anima intelligente che ci conduce non possiamo comprendere i valori importanti della vita e comprendere la nostra felicità.
Lo vediamo da tanti esempi nella nostra società di persone a cui non manca nulla e sono profondamente infelici e insoddisfatti e d’altra parte di persone con enormi problemi che sono felici.
Per essere felici dobbiamo occuparci di noi, dobbiamo conoscerci nel profondo e comprendere le dinamiche che ci percorrono e di conseguenza i nostri veri bisogni, non quelli che ci vengono proposti e venduti dalla società. Scopriremo così come per noi possa essere più importante il vivere un piccolo momento con qualcuno che ci fa stare bene (come un figlio, una compagna, un paesaggio, un hobby) rispetto ad un grande attico al centro di una grande città.
L’animo umano non richiede tanto dal punto di vista pratico, ma viceversa si nutre di sensibilità, di arte, di compagnia sincera, di ascolto e di scoperte.
Essere felici essere soltanto se stessi, essere.